Tratto dal libro “Privatizziamo!Ridurre lo Stato, liberare l’Italia” di Massimo Blasoni
Se la stella polare è Privatizziamo!, la situazione nazionale e mondiale richiede per l’Italia riforme che non possono prevedere gradualità. Senza la pretesa illuministica di piegare la realtà alle idee, ma con la convinzione che sia necessaria una immediata terapia d’urto.
Solo condizioni diverse (crescita, debito pubblico più contenuto, situazione congiunturale migliore) permetterebbero un approccio graduale ai temi. Ora non è possibile. Anche una ripresa generale dell’Occidente rischierebbe di non bastare al nostro Paese. È questa una premessa necessaria per comprendere lo spirito delle proposte contenute nei capitoli che seguono. È una premessa, tra l’altro, non pleonastica perché di norma nel dibattito le proposte sono roboanti, ma le effettive intenzioni sono timide. Quanti in ambienti politici o della tecnocrazia di Stato ritengono possibile una politica dei piccoli passi non hanno presente (o non vogliono considerare) la gravità della situazione. I governi Monti, Letta e Renzi ben poco hanno fatto tranne annunciare le riforme. Limitate azioni di riduzione del prelievo fiscale sarebbero un errore. Altrettanto lo sarebbero una modesta riduzione della spesa pubblica e una limitata semplificazione dei livelli istituzionali, del numero di regioni e comuni. Pensare con gradualità a liberalizzazioni, esternalizzazioni, privatizzazioni sarebbe un errore. Riformare un Paese con un intreccio di poteri così pervasivo come quello italiano richiede un’azione secca. Il rischio altrimenti è di una deriva contraria, che tende costantemente a riportare le cose al loro stato originario, o a declinare cambiamenti che in realtà nulla cambiano. Non c’è più tempo per un’azione lenta e per piccole modifiche. Le azioni graduali vengono sormontate dal più veloce succedersi dei nuovi eventi