Lo Stato deve ridurre al minimo il suo raggio d’azione, altrimenti ci aspetta un futuro miserevole. Massimo Blasoni non usa mezzi termini. Imprenditore friulano, appassionato di politica da sempre, incalzato dalle domande del direttore di Panorama, Giorgio Mulè, durante la presentazione del suo libro Privatizziamo! snocciola dati e percentuali per sottolineare la necessità di una svolta liberista nella struttura dello stato italiano.
“Fare impresa in Italia è difficile – chiarisce subito – Le norme che regolano la vita dello Stato sono come le grida manzoniane. Questo paese deve trovare il coraggio di invertire la rotta. È impensabile continuare a sopportare anni di attesa per ottenere delle concessioni. Tempi così dilatati sono nocivi per la società, perché rallentano lo sviluppo, impediscono la nascita di nuovi posti di lavoro”.
“Medicina difensiva” o “accanimento terapeutico” da parte dello Stato? “Entrambe le cose – aggiunge Blasoni – La pubblica amministrazione guarda con sospetto l’iniziativa privata”.
Complessivamente le imposte sulle imprese sono al 64,8%, in Inghilterra al 32%. Per non parlare dei tempi di pagamento della pubblica amministrazione: 132 giorni contro i 144 di qualche anno fa. Ritardi spaventosi che costano agli imprenditori 4 miliardi di euro.
Per Blasoni devono restare interamente pubblici solo esercito, giustizia e polizia, in quanto garanti di sicurezza e legalità per il cittadino. Con il gettito tributario lo stato potrebbe acquistare per i cittadini alcuni servizi e prestazioni di interesse collettivo sul libero mercato ma dovrebbe evitare di gestire direttamente larghe fette della nostra economia “semplicemente perché non è capace”.
Quello che Blasoni disegna è uno stato che spende meno e di conseguenza tassa di meno e che comprende come l’istruzione scolastica, le infrastrutture o le politiche sociali rappresentino un costo che non può essere singolarmente sopportato dal cittadino, ma che viene ripartito su tutti i beneficiari sulla base del principio di solidarietà. Solo che, a differenza di quanto avvenuto sin ora, il pubblico non pretende di garantire il diritto alla salute o all’istruzione e contemporaneamente di erogarlo.
“Oggi abbiamo problemi enormi – ricorda Blasoni – la spesa pubblica ammonta a 826 miliardi di euro, quella improduttiva a 102 miliardi. Non si può continuare così. Un esempio su tutti: i servizi per cui riceviamo per quanto paghiamo, come le pensioni, non è necessario che restino in mano allo Stato. È successo per la telefonia, nessuno tornerebbe indietro. Dobbiamo poter scegliere il nostro erogatore di previdenza. Lo stato non sa gestire la spesa in maniera efficiente”.
Ma la domanda è d’obbligo: una rivoluzione liberale così radicale ha nel nostro paese ha qualche forza politica in grado di realizzarla? ”Un contenitore o una sua evoluzione per questo progetto c’è ed è Forza Italia. Ci ha provato in passato, ma il paese non era pronto. Adesso credo che lo sia. Ora o mai più. Io scommetto che la crisi finirà per diventerà il vero motore di questo grande cambiamento”.
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