Tratto dal libro “Privatizziamo!Ridurre lo Stato, liberare l’Italia” di Massimo Blasoni
In questa fase storica di grave difficoltà economica e sociale, c’è allora bisogno che alle contraddizioni del centrosinistra quanti credono nella libertà individuale sappiano opporre una proposta forte nella consapevolezza che non esistono molti modelli a nostra disposizione e che ovunque – in Svezia, in Cina, nei Paesi dell’Europa postcomunista – quando si è voluto uscire da una condizione di difficoltà si è stati costretti a restituire spazio al privato, alla libera solidarietà, all’associazionismo, alla famiglia. Nonostante la crisi profonda che sta vivendo e proprio perché si fa forte la consapevolezza di opporsi a questo declino, la stessa Europa non va affatto verso il superamento dell’ispirazione liberale che l’ha fatta grande in passato. Appare anzi chiaro ai più che nulla di nuovo e interessante è stato inventato in alternativa al capitalismo liberale. Ci si può allora chiedere quale capitalismo, quale libertà, quale democrazia, ma non si può immaginare di fare a meno di tutto ciò. Proprio dopo il crollo delle ideologie stataliste di destra e di sinistra, delle Weltanschauung totalitarie che avrebbero voluto «salvare» l’uomo facendo dello Stato una sorta di religione secolare, restare fedeli alla libertà politica, economica e sociale significa restare fedeli alle condizioni che meglio ci permettono di affrontare e superare ogni difficoltà. Come insegna uno tra i massimi pensatori liberali del secondo Novecento, Robert Nozick, l’ordine giuridico liberale è una struttura aperta, che permette il coesistere di molte visioni. La società liberale è la costante riproposizione di un antico ideale di tolleranza, che lascia spazio a diversi modi di vivere e convivere, lavorare e studiare, pensare, pregare, immaginare il futuro. Nella sua modestia il liberalismo non pretende di salvare l’uomo e non gli dice in cosa credere: si propone soltanto di garantire una cornice giuridica che permetta a ognuno di noi di ricercare da sé, e con le persone che gli sono più care, il senso della propria esistenza. Ne consegue che questi principi della libertà e del pluralismo delineino un quadro valoriale in grado di tenere coese aggregazioni assai ampie. È questo che porta l’ispirazione liberale a porsi quale substrato di una vasta area (cattolica e laica, moderata e innovatrice,
conservatrice e riformista) che trova il proprio senso comune nell’esigenza di creare più spazi d’azione e iniziativa per individui, imprese, associazioni, comunità. Questa prospettiva è anche in grado di unire la tutela della libertà e una forte socialità. Un’economia aperta e concorrenziale è l’unica condizione strutturale in grado di permettere un buon funzionamento dell’ascensore sociale: di quel meccanismo che permette a giovani provenienti da famiglie modeste di salire a posti di responsabilità e diventare parte della classe dirigente. Mentre in una società statizzata e ultraregolata è facile il persistere di posizioni parassitarie (talune grandi aziende realizzano rendite per via politica, e non già perché soddisfino le esigenze del pubblico), nel libero mercato un’impresa resta leader solo se è ogni giorno premiata dai consumatori. Questo significa una cosa: la società liberale redistribuisce costantemente la ricchezza e il prestigio sociale, facendo emergere dal nulla i vari Bill Gates (Microsoft), Steve Jobs (Apple), Larry Page e Sergey Brin (Google), Mark Zuckerberg (Facebook), Howard Schultz (Starbucks), Michael O’Leary (Ryanair), e via dicendo. In questa economia al servizio del consumatore e delle sue esigenze, nessuna posizione è mai acquisita per sempre ed è tutto questo che favorisce lo sviluppo, gli investimenti, la ricerca, l’innovazione.
Massimo Blasoni